12 dicembre: in sciopero per un vero contratto, contro le politiche autoritarie del governo

La Radici del Sindacato in FLC – Area congressuale alternativa in CGIL
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Venerdì 12 dicembre la CGIL ha indetto uno sciopero generale contro una legge di bilancio ingiusta, per fermare l’innalzamento dell’età pensionabile, per dire no al riarmo e investire su sanità e istruzione, per contrastare la precarietà, per vere politiche industriali e del terziario, per una riforma fiscale equa e progressiva.

Nei settori della conoscenza ci sono ragioni aggiuntive per questo sciopero.

Il governo ha siglato un rinnovo contrattuale separato nei settori pubblici. Affitti, trasporti, pane, gas: conosciamo bene la fragilità che ha lasciato nelle nostre tasche l’inflazione degli scorsi anni. Lo sappiamo tutte/i, ma lo sanno soprattutto quelli di noi, ausiliari, tecnici, amministrativi, insegnanti, ricercatori per i quali la spesa è diventata una lotteria di rinunce perché precari, pendolari o in servizio nei tanti (troppi) ruoli a basso salario. Gli aumenti previsti coprono solo un terzo dell’inflazione: il 6% in un triennio in cui il costo della vita è salito del 18% (2022/2024) significa perdere potere d’acquisto. Gli stipendi di scuola e università, già i più bassi in Europa e nella pubblica amministrazione, perderanno ancora terreno. Le condizioni di lavoro intanto continuano a peggiorare, con una politica che riduce la spesa sociale e gonfia il riarmo: così, mentre si moltiplica la precarizzazione, anche in questa legge di bilancio non ci sono risorse per l’istruzione e si tagliano i fondi di ricerca, si riduce gli organici, si bloccano le supplenze brevi nella scuola secondaria. Allora, venerdì abbiamo una buona ragione per scioperare contro questo rinnovo, per chiedere risorse aggiuntive e rivendicare un vero contratto!

Il governo sta anche agendo una progressiva svolta autoritaria, proprio a partire da istruzione e ricerca. Abbiamo ben presente il ruolo di scuola, università e ricerca nelle relazioni sociali e nei rapporti di produzione. Questo governo reazionario, come altri nel mondo, ne sta rilanciando da una parte una rinnovata stratificazione di classe, dall’altro un nuovo controllo politico, nel quadro di una contrapposizione tra poli internazionali, riarmo e militarizzazioni sociali. Lo abbiamo visto nella sospensione di qualche docente per aver espresso sue opinioni, nelle linee guida su programmi, educazione sessuale e affettività, nel Ddl Gasparri, nel rilancio di precarizzazione e concorsi locali che ribadisce relazioni feudali negli atenei, nella legge-delega 167/2025 che permetterà al governo di intervenire su Dirigenti scolastici, Organi collegiali, Cda e Rettori negli atenei, stato giuridico e attività del personale universitario, afam e ricerca. La difesa dell’autonomia dell’istruzione e della ricerca dal potere assume oggi una nuova centralità, nel quadro di deforme che gerarchizzano e disciplinano società e conoscenza (filiera tecnica professionale, telematiche, scuole d’eccellenza). Scioperare venerdì, allora, significa aprire una stagione conflittuale contro riarmo, gerarchizzazioni e centralizzazioni istituzionali nei nostri settori.

Lo sappiamo, abbiamo scioperato tanto e oggi gli scioperi sono divisi. Lo abbiamo fatto il 22 settembre e il 3 ottobre, nella marea contro il genocidio a Gaza. Quel movimento è cresciuto proprio a partire da scuole, università e ricerca: i minuti di silenzio, le mozioni dei collegi, gli appelli per interrompere le collaborazioni di ricerca, le bandiere e le spille della pace, le chat per organizzare i presidi. Un movimento determinato, che ha travolto ogni confine e sospinto percorsi unitari. Oggi i sindacati, anziché mettersi al servizio dello sviluppo di una mobilitazione unitaria contro le politiche di governo, hanno ripreso una logica di competizione. Abbiamo ritenuto sbagliata la scelta CGIL di proclamare due date di sciopero e abbiamo quindi partecipato alla mobilitazione di 28 e 29 novembre, attraverso il protagonismo dei delegati e partecipando al cosiddetto spezzone sociale.

Scioperare il 12 dicembre vuol allora dire approfondire il contrasto alle politiche di questo governo, contro cui sarà necessario ricostruire la forza, la determinazione, la spinta unitaria di settembre e ottobre.