Intervento di Eliana Como al Comitato Centrale della Fiom sul contratto dei metalmeccanici.
La prima trattativa a cui ho partecipato è stata quella del contratto del 2008. Dal punto di vista contrattuale sembra una era geologica fa. C’era il valore punto e la vacanza contrattuale. Oggi i delegati più giovani forse non sanno nemmeno più cosa fossero.
Sono passati 17 anni. Due crisi economiche, una pandemia mondiale, i contratti separati del 2009 e del 2012, il contratto specifico di lavoro in Fiat, poi la resa del contratto del 2016.
17 anni di arretramenti dal punto di vista salariale e dei rapporti di forza, non soltanto dei metalmeccanici e delle metalmeccaniche. Una perdita costante, sistematizzata nel 2018 il Patto per la Fabbrica.
Ora, mi è chiaro che questo rinnovo non è stato facile. Non era scontato mantenere la clausola di salvaguardia (quella che ha permesso il recupero dell’inflazione nel 2022 e 2023 quando è schizzata alle stelle) e soprattutto non è stato facile avere un aumento superiore al valore dell’IPCA nei (inflazione depurata dai costi energetici). Abbiamo parato molti dei colpi che Federmeccanica ha inferto, a partire dalla pretesa di ottenere l’esigibilità dei contratti (quella che in Fiat portò alle sanzioni sugli scioperi). Se avessimo ceduto su quello sarebbe stato un disastro.
Altrettanto, però, dobbiamo dirci che per avere un rinnovo che fosse superiore all’inflazione abbiamo dovuto metterci 40 ore di sciopero. E questo non bastava ancora! Le imprese hanno invocato la lettera H del Patto per la Fabbrica: se vuoi più dell’inflazione devi mettere mano all’organizzazione del lavoro!
Cioè, loro hanno fatto in questi anni profitti enormi, tutti a parlare di intelligenza artificiale, industria 5.0, robotica pensante… ma noi, per ottenere una minima parte di quella ricchezza che i lavoratori e le lavoratrici hanno prodotto, dobbiamo restituire due par (permessi retribuiti) alla imprese? (su 13 par, 5 erano a disposizione delle imprese per le chiusure collettive, gli altri per uso individuale. Ora i par collettivi diventano 7).
Questo per me è il vero problema. L’aumento di 205 euro non è tanto o poco perché la delegazione sindacale non è stata capace o non ha voluto fare meglio. Ma perché il Patto per la Fabbrica è una gabbia. La partita è truccata in partenza. E senza gli scioperi sarebbe andata molto peggio, anche perché sono state quelle mobilitazioni a tenere FIM e UILM sulle nostre posizioni. In altri contratti, a partire dal settore pubblico e dalla scuola, CISL e UIL non ci hanno messo niente a rompere l’unità sindacale per aumenti inferiori persino all’inflazione.
È ovvio che il Patto per la Fabbrica non era nelle disponibilità di questo tavolo negoziale. È un accordo interconfederale con tutta la Confindustria e non lo potevamo ribaltare solo noi metalmeccanici. Ma il problema resta. E se non lo affrontiamo continueremo a trovarcelo davanti a ogni rinnovo contrattuale.
Ora, nel merito di questo rinnovo. L’aumento è di 205 euro in 4 anni (il 2025 è già scattato come solo aumento dell’IPCA e senza nessuna una tantum). Avevamo chiesto 280 in 3 anni. È pur vero che nel frattempo l’inflazione è calata, ma la differenza è lì da vedere. Poi, certo, nessuno pensava che avremmo ottenuto quanto chiedevamo. Ma é legittimo che dopo 40 ore di sciopero i lavoratori e le lavoratrici si aspettassero di più.
Avevamo chiesto la riduzione dell’orario di lavoro. Non era facile. Ho sempre pensato, anche quando abbiamo deciso la piattaforma rivendicativa, che, forse, prima di questo avremmo dovuto provare a ridurre le ore di flessibilità e straordinario che sono nella disponibilità delle imprese, perché sono troppe. La conclusione è che non abbiamo ottenuto la riduzione dell’orario ma le imprese hanno preteso due par collettivi in più e 8 ore in più di flessibilità/straordinario (la somma delle due passa da 120 ore annue a 128). È positivo che sia stata introdotta la possibilità di prendere tre par all’anno senza preavviso (x «cause di forza maggiore» ma senza precisare quali). Bene, ma non compensa l’equilibrio complessivo.
Sul mercato del lavoro, ci sono elementi positivi per la stabilizzazione dei precari, ma perlopiù riguardano adeguamenti di legge. È stato anche fissata a 48 mesi la durata dello staff leasing (la legge non prevede limite). Su questo, la delegazione Fiom ha espresso grande soddisfazione. Capisco il senso di fissare un limite dove non c’è, ma lo considero un terreno scivoloso perché la giurisprudenza si sta orientando sulla durata di 24 mesi. E non riesco a pensare positivo che si scriva che una forma di lavoro che dovremmo cancellare può invece durare 4 anni.
Il mio è un giudizio di merito sul contratto, ripeto, non sulla delegazione che lo ha ottenuto. Abbiamo condiviso il percorso di questa trattativa, a partire dalle 40 ore di sciopero e il fatto che la piattaforma di partenza sia sempre rimasta sul tavolo. Federmeccanica ha provato a discutere di altro. Non glielo abbiamo permesso e questo lo riconosco.
Soltanto due passaggi di questo percorso non ho condiviso. Lo dissi a suo tempo, per onestà e trasparenza tra di noi.
Uno è stato firmare il contratto delle cooperative e poi di Unionmeccanica a luglio (in settori in cui non avevamo scioperato), definendo la cifra che poi ha finito per essere un riferimento anche per Federmeccanica.
Il secondo, togliere il blocco dello straordinario a giugno, quando Federmeccanica è tornata al tavolo ma senza mettere davvero qualcosa sul piatto.
Detto questo, saranno i lavoratori e le lavoratrici a decidere e votare. Io capisco chi voterà a favore perché voleva il contratto ora, perché è già passato tanto tempo. Anche di più capisco chi voterà contro perché, legittimamente, dopo 40 ore di sciopero, si aspettava di più.
Nel Comitato centrale della Fiom, dobbiamo, però, valutare complessivamente il quadro. Il contesto, i rapporti di forza, le difficoltà, le 40 ore di sciopero, il rapporto con Cisl e Uil che in altri settori hanno firmato accordi separati vergognosi. E soprattutto dobbiamo tenere conto della gabbia nella quale eravamo, quella del Patto per la Fabbrica. Se avessimo voluto un aumento superiore, dentro quella trappola, ci avrebbero costretto a cedere molto più di due par. E sarebbe stato un problema, perché può anche essere che negli anni hai aumenti più o meno buoni, ma quando perdi i diritti non li recuperi più.
Per questo, con altri compagni e compagne abbiamo deciso di astenerci. Capisco chi legittimamente ha deciso di votare contro. Ma con questa scelta ci siamo assunti la responsabilità di provare a tenere insieme la posizione vertenziale (come e’ andata la trattativa) con quella politica (il merito dei risultati ottenuti).
Saranno i lavoratori e le lavoratrici a scegliere.
Di una cosa sono orgogliosa. E’ un tema minore, mi rendo conto, ma non meno importante. Abbiamo scritto una parte importante sulle molestie nel contratto. Ora va fatta una grande campagna per riconoscere la molestia come rischio per la salute psico-fisica e inserirla nei DVR. La colpa è di commette la molestia, ma le imprese devono assumersi la responsabilità di quale è il clima dei rapporti, soprattutto quello di potere, dentro i posti di lavoro.
E poi, per la prima volta, abbiamo scritto nel contro dei metalmeccanici e delle metalmeccaniche il tema del rispetto di «ogni orientamento sessuale e ogni identità di genere». Avevamo chiesto anche il riconoscimento delle carriere alias. Non ci siamo riusciti, ma non ci arrendiamo. Ora il tema è riconosciuto e ci dà più spazio anche nella contrattazione al secondo livello.
Eliana Como