Intervento di Luca Scacchi all’Assemblea generale FLC, on line, 10 luglio 2025
Care compagne e cari compagni, io ritengo che oggi in CGIL, nell’Assemblea generale e in realtà in tutta l’organizzazione, sia aperto un confronto di fondo su come fare sindacato oggi all’interno di quel contesto e quella dinamica globale che in qualche modo ha sottolineato l’intervento, molto bello, del compagno sindacalista palestinese in apertura della nostra discussione. La sua voce e le sue parole hanno mostrato in tutto il suo profilo il dramma di una stagione segnata dalla guerra, dalla contrapposizione tra poli capitalistici mondiali, dal riarmo, da nazionalizzazioni di massa e sviluppo di blocchi continentali. In questa nuova stagione cambiano inevitabilmente anche gli spazi, le modalità e le prassi di un sindacato generale, perché in questa stagione si riorganizzano anche i rapporti sociali all’interno delle diverse formazioni sociali in Europa e nel mondo [qui, per gli interessati, una riflessione più approfondita su questa nuova stagione e la discussione post-referendaria della CGIL].
Questa discussione strategica in realtà la stiamo incubando da tempo, anche per l’impasse dell’asse programmatico di fondo che ci siamo dati negli ultimi congressi della CGIL. Penso, in particolare, all’ipotesi dell’unità sindacale organica, tramontata di fatto negli ultimi due anni, ma anche alle ipotesi di patto di fabbrica, patto dei produttori e politiche concertative che abbiamo definito in questi anni. Alla codeterminazione nelle aziende e nei settori sulle ristrutturazioni produttive in corso e alla cogestione di alcune politiche di aumento salariale con il governo, la proposta per capirsi della defiscalizzazione degli aumenti salariali. Queste prospettive sono da tempo uscite dal campo delle cose possibile, nel quadro di questo assetto politico (il governo della destra reazionaria) e di queste dinamiche economiche (il riassetto competitivo degli apparati produttivi). Prima la scelta referendaria e poi la sua sconfitta hanno quindi progressivamente aperto un confronto.
Guardate, la metto così per ragioni di sintesi: io credo che oggi in CGIL ci sia un confronto sostanzialmente tra due diverse ipotesi. La taglio con l’accetta. Da una parte c’è chi per uscire dall’impasse, affrontare questa destra reazionaria e questo padronato, propone un sindacato di strada. Cioè, propone di aprire l’iniziativa sindacale a livello territoriale a comitati, associazioni, movimenti, con una logica di coalizione sociale che si concretizza in una prassi di agitazione sociale. Propone cioè che la pratica referendaria di questi mesi diventi la nostra prassi sindacale quotidiana. Questa proposta, per me, ha il merito proprio di agire in una logica di movimento, ma il limite di muoversi al di là e al di fuori dei rapporti di produzione: oltre le pratiche e i conflitti propriamente sindacali nelle gerarchie e nello sfruttamento che avvengono nei luoghi di lavoro, che oggi registrano quelle difficoltà e quelle impasse che verifichiamo negli scioperi e nelle mobilitazioni (nella nostra categoria, nelle 40 ore di sciopero dei metalmeccanici, nel silenzio di funzioni centrali e sanità sui contratti separati, nelle divisioni e negli scompaginamenti degli scioperi generali). Dall’altra parte esiste una seconda ipotesi, sostenuta anche dalla prassi di alcune categorie, che propone, la metto così, una molteplicità di modelli e pratiche sindacali: in un sistema produttivo profondamente frammentato, in un lavoro stratificato, in questi anni si sono sviluppati modelli organizzative, politiche contrattuali, sistemi di rappresentanza divergenti tra i settori e le categorie. Allora, che cento fiori fioriscano e si accompagni questa diversificazione settoriale del sindacato, anche perché se non è più possibile una politica di accordo dei produttori e di regolazione sociale a livello generale, in realtà questa politica si può costruire e si sta parzialmente realizzando a livello categoriale.
In Assemblea generale CGIL è stato detto chiaramente: l’ipotesi del sindacato di strada è vista da alcuni come un semplice accudimento dei movimenti, come una pratica sindacale minoritaria. La CGIL dovrebbe invece tentare di isolare socialmente il governo, le sue disintermediazioni e le sue prospettive corporative, costruendo una politica di cogestione tra capitale e lavoro, proponendo cioè al padronato un’azione congiunta in grado di affrontare i nodi del presente: ad esempio, trasformando i fondi contrattuali in centrali di investimento per difendere le politiche industriali necessarie al sistema produttivo italiano.
Io credo che entrambe queste ipotesi abbiano limiti profondi e siano, in fondo, sbagliate. Guardate, l’ho già detto, io penso sia positiva la logica di coalizione e l’idea di partecipare alla costruzione di movimenti sociali. Io credo sia utile assumere un punto di vista che ci veda parte di parte, tessere relazioni e percorsi di mobilitazioni con soggettività esterne ed estranee a quelle del sindacalismo storico. In questi anni, in questi stessi mesi, è una pratica che abbiamo anche provato a perseguire come FLC (penso al precariato universitario, alla partecipazione agli scioperi di nonunadimeno e fridayforfuture, all’iniziativa contro le linee guida di Valditara, alle lotte territoriali contro il dimensionamento, alle iniziative contro la militarizzazione). Ma Io credo estremamente sbagliato pensare di centrare questa agitazione sulle Camere del lavoro, fuori dalle dinamiche categoriali e, in fondo, dai conflitti del lavoro. Credo che tra l’altro la lettura che viene fatta tra noi sul rilancio delle Camere del lavoro non colga il fatto che l’organizzazione del lavoro di oggi è estremamente stratificata e compartimentata, molto diversamente da quella della fine del 1800, quando le Camere del lavoro nacquero su un proletariato generico, agricolo ma in realtà spesso impiegato anche in servizi e nella manovalanza di base della manifattura. L’altra ipotesi, quella della molteplicità dei modelli categoriali, credo che in fondo rinunci sia alla prassi di un sindacato generale, sia alla prospettiva di un sindacato del lavoro e della trasformazione sociale, affermando un impianto, io lo chiamo così, sostanzialmente sussidiario. Un sindacalismo che, diciamo così, organizza la forza lavoro e in qualche modo cerca anche di difenderne il prezzo, ma che non prova a cambiare rapporti sociali e compatibilità esistenti.
In tutto questo io credo anche che sia sbagliato, come dire, affrontare questa discussione nella semplice ottica delle forme organizzative e degli strumenti. Noi stiamo discutendo di come fare sindacato, nel senso di quale funzione e quali obbiettivi ci proponiamo di perseguire in questa stagione. La discussione sui perimetri contrattuali, orizzontalità e verticalità, le forme organizzative e le risorse, è semplice conseguenza di questa scelta di fondo. Allora penso che questo confronto non sarà breve. Per questo dobbiamo capire come svilupparla. Io penso però che qualunque percorso venga oggi scelta (conferenza di programma, Congresso, riassetto dei gruppi dirigenti; congresso immediato e riassetto dei gruppi dirigenti; ecc), nel prossimo anno e mezzo noi rischiamo di chiuderci in un dibattito interno su queste strategie e sulla più o meno conseguente scelta del nuovo segretario generale. In una dinamica complicata, come spesso è avvenuto in ogni cambio di segretaria negli ultimi vent’anni.
Io credo che noi dobbiamo provare ad articolare questo confronto in maniera diversa. Dobbiamo uscire dalle nostre impasse e non avvitarci al loro interno. Allora, credo che dobbiamo concentrarci nei prossimi mesi soprattutto sullo sviluppo del nostro intervento categoriale e sociale, proseguendo e perseguendo lo sviluppo di un’opposizione sociale in questo paese. La relazione, molto giustamente, ha segnalato il ruolo e l’importanza del contratto nazionale in questa sociale. Io credo che sia importante tenere un suo ruolo su salario e diritti, non solo attraverso la sua tenuta nei diversi settori (le vertenze per i rinnovi che stiamo vedendo nei pubblici, nell’istruzione e ricerca, nei metalmeccanici, nelle telecomunicazioni, ecc), ma anche attraverso un coordinamento della contrattazione nazionale, cioè una riduzione delle divergenze reali che in questi anni si sono sviluppate dentro e soprattutto tra i contratti nazionali.
Allora, da questo punto di vista, da settembre dobbiamo focalizzarci in un’iniziativa su salario, precariato e servizi universali, che faccia vivere scioperi di categoria e scioperi generali, per ridurre le divergenze che ci sono tra i diversi contratti, tra i diversi modelli sindacali e tra le diverse pratiche categoriali. Intrecciando questa pratica conflittuale alla discussione programma e al percorso congressuale, che io penso debba tenersi fondamentalmente nei suoi tempi regolari.
Infine, io credo che dentro questa iniziativa e dentro questa discussione dovremmo riprendere il filo della costruzione di una coalizione del lavoro. Dovremmo cioè capire come ricomporre la moltitudine del lavoro. Io non credo che questo possa avvenire in una generica azione delle Camere del lavoro, rivolta indistintamente alla popolazione o ad una sua parte (i 13 milioni di Si al referendum). Come costruire relazioni e mettere insieme concretamente i diverse strati, le diverse soggettività che vivono nei luoghi di lavoro? Questa è una domanda su cui dovremmo riflettere e dovremmo agire. Io credo, da questo punto di vista, che vada recuperata una riflessione sul ruolo delle sezioni sindacali e vada sperimentata la ricostruzione delle sezioni sindacali nei luoghi di lavoro, come spazi in cui le diverse categorie e i diversi strati del lavoro possano ricostruire momenti di condivisione, pratiche sindacali, vertenze e conflittualità comuni. Io credo che queste esperienze dobbiamo provare a praticarle a partire dalle nostre realtà, come le università, dove vivono categorie e soggettività diverse del lavoro. Certo, è difficile, ma dovremmo provarci. Nel confronto e nella discussione strategica che stiamo affrontando, ma anche e soprattutto nelle pratiche di lotta che sapremo mettere in campo a settembre. Grazie.
Luca Scacchi