I rinnovi dei diversi CCNL Turismo (Fipe, Ristorazione Collettiva e Federalberghi, Faita) sottoscritti rispettivamente il 5 giugno ed il 5 luglio 2024 rappresentano l’ennesimo fallimento della “strategia” contrattuale che la CGIL sta portando avanti al netto di tutti gli slogan vissuti e consumati all’ultimo congresso. Si tratta di rinnovi contrattuali che litigano letteralmente con i tanto decantati assiomi, uditi e sbandierati ovunque dal segretario generale, legati alla ricerca di quel nuovo protagonismo reale che l’intera confederazione doveva ritagliarsi in termini di ritrovata autorità salariale nelle singole vertenze categoriali.
I 200 euro di aumento a regime (IV livello) accordati a entrambi sono la riprova di una timidezza rivendicativa che affonda nel ridicolo ogni tentativo di propagandare questa tornata contrattuale come un “ottimo” risultato raggiunto nel suo complesso. Nel caso della ristorazione collettiva non basta addurre le giustificazioni politiche legate alla necessità di isolare le controparti padronali ANIR e ANGEM.
Le cose funzionano sempre allo stesso modo: ad ogni nuovo rinnovo contrattuale (non solo riferite al CCNL Turismo) le diverse burocrazie denotano l’assenza di una strategia politica compiuta e definita approvando passaggi e fasi di rinnovo sempre più a danno dei lavoratori.
Nello specifico si è scelto deliberatamente di non devolvere nessuna somma relativa al periodo di lunghissima vacanza contrattuale e tutti i lavoratori riceveranno certamente 50 e 70 euro già dai mesi di giugno e luglio 2024 (IV° livello) ma il tentativo di tutte le controparti di imporre una moderazione salariale è completamente raggiunto considerando che (soprattutto nel caso della ristorazione collettiva) i restanti aumenti si vedranno solo scaglionati in ratei troppo a ridosso della scadenza dello stesso contratto nazionale di riferimento.
Tali aumenti salariali, raffrontati con il reale aumento del costo della vita e comparati con gli indici di forte guadagno di tutto il comparto del settore e dei servizi ad esso collegati in Italia, rappresentano l’ennesimo schiaffo dato nuovamente a circa un milione e settecentomila lavoratori che oltre al danno di subire continui ricatti, oppressioni normative, ritmi operativi altissimi, prospettive inadeguate e precarieta infinite, si ritrovano con la beffa di un pugno di mosche in mano rispetto ad un sistema speculativo che celebra l’intera economia turistica come il “petrolio” del paese. Ma a volte la forma è anche sostanza e quando non si è in presenza di una strategia politica seria e dignitosa si arrivano a sottoscrivere dei rinnovi contrattuali come questi i cui contenuti restano materia esclusiva di conoscenza di un pugno di segretari i quali, senza aver esercitato una più che doverosa campagna di informazione capillare e permanente verso tutti i delegati del settore, considerano solamente come un orpello decorativo la necessità della prassi democratica assembleare.
L’interrogazione di fondo appare evidente: coinvolgere veramente i lavoratori in termini di discussione, confronto e approvazione significa ancora qualcosa per le nostre dirigenze sindacali? Sottoscrivere degli accordi in piena estate con delle profonde modifiche normative e salariali riguardanti lo stesso mese di sottoscrizione e ipotizzando di organizzare tutte le assemblee del settore turistico entro “breve tempo” contiene in sè una volontà specifica: far approvare velocemente la “bozza di rinnovo” disinteressandosi altamente di tutta la platea lavoratrice alla quale questa verrà applicata. E’ un fatto grave e sta ormai espandendosi in quasi tutte le categorie della nostra confederazione. Le cosiddette assemblee “di ritorno” magicamente tendono via via a sparire sostituendosi più agli entusiasmi fantasiosi dei segretari firmatari di turno che alla tradizione storico-democratica del più grande sindacato italiano. Sostanza di contenuti e metodo democratico devono sempre marciare a braccetto nonostante la fase di forte riflusso sociale che stiamo attraversando e le numerose difficoltà di tenuta politica dei diversi CCNL categoriali.
Il nostro NO a questi rinnovi lancia un forte appello affinchè si cambi definitivamente rotta e si identifichi un’idea di conflittualità collettiva non più presentata con scioperi una tantum ma accompagnata soprattutto da campagne di informazione/mobilitazione che coinvolgano concretamente i milioni di lavoratori che puntualmente si rappresentano.
Tutto ciò non scende comunque dal cielo. Ricalca pedissequamente quanto si è in parte già vissuto nel rinnovo del contratto “pilota” del marzo scorso di tutta la categoria del terziario (TDS) in cui oltre alla misera somma dei 240 euro di aumento a regime in tre anni (IV livello) lo stesso CCNL ha allargato il suo perimetro di applicazione alle università telematiche, perseguendo dinamiche di dumping contrattuale già viste nell’informatica. Questo settore si allontana così da salari, orario e regolazione del lavoro delle altre università, accompagnando la logica di questi atenei per cui la formazione è un semplice servizio commerciale, proprio quando la stessa FLC CGIL rivendica un CCNL delle università private come criterio di accreditamento degli stessi atenei.
Mala tempora currunt…
Enrico Pellegrini [AG Cgil Venezia, AG Filcams Venezia , RSA Filcams ristorazione Casinò Venezia].
Salvatore Calcaterra [AG Filcams Roma Eva Valle dell’Aniene, Rsa Mc Donald’s Roma]