Ripartire dal contratto, rivendicare aumenti almeno del 15%.

Intervento di Luca Scacchi all’Assemblea Generale FLC, Roma 11 e 12 giugno 2024.

Ringrazio Gianna [Fracassi, segretaria generale FLC] per il respiro e la complessità della relazione che ha tenuto. Sia perché siamo di fronte a un quadro politico generale molto cupo, sia perché sono estremamente convinto dell’importanza di dare una risposta di massa ad alcuni interventi del governo, come sottolineato nella relazione, a partire dall’autonomia differenziata e dalle linee di revisione di scuola, università, Afam ed Enti pubblici di ricerca delineati nel DDL recentemente approvato dal Consiglio dei ministri [governance, organi collegiali, e per i settori non scolastici anche statuto giuridico e inquadramento del personale]

Io però focalizzerò il mio intervento su una sola questione: contratto e salario. Perché penso che noi oggi come Assemblea generale dobbiamo assumere questa priorità, non solo di discussione, ma anche di iniziativa.

Il 1° maggio si è avviato il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici 2024/27. In qualche modo, come in altre stagioni, il contratto dei metalmeccanici acquisisce una rilevanza in qualche modo generale, incidendo sulle relazioni più complessive tra capitale e lavoro. I metalmeccanici, con un meccanismo contrattuale semiautomatico di salvaguardia sul recupero ex post dell’inflazione [IPCA depurata] hanno ottenuto circa 25 € di aumento dal 1° giugno 2022, 123 € dal 1° giugno 2023, 137 € dal 1° giugno 2024, per complessivi 289 € di aumento nel triennio. Cioè, negli anni relativi al nostro contratto non rinnovato (2022/24), i metalmeccanici hanno ottenuto aumenti complessivi di oltre il 15%. Con questi aumenti già ottenuti, Fiom Fim e Uilm hanno presentato una piattaforma unitaria, rivendicando da giugno 2024 a giugno 2027 aumenti di 280 € per l’ex quinto livello, pari a circa il 14,7%: una richiesta molto sopra l’IPCA depurata, praticamente doppia rispetto all’inflazione prevista (7/8%),

Sottolineo questa dinamica perché credo sia in qualche modo rappresentativa dell’intero settore privato, sia in relazione agli aumenti salariali che si sono ottenuti sia per quelli che si rivendicano nei prossimi anni. Nel 2023 oltre il 40% dei dipendenti privati non aveva rinnovato il CCNL, in alcuni casi da molti anni (soprattutto nel terziario e nei servizi). Oggi i privati con un contratto scaduto sono meno del 16%, perché in quest’ultimo anno sono chiusi molti CCNL: legno, vigilanza privata, industria chimica, alimentari, bancari, commercio, turismo, nei nostri settori pensiamo alla Formazione professionale o, proprio in queste settimane, Agidae.

Questa nuova stagione contrattuale ha sostanzialmente eluso gli obiettivi dell’Assemblea nazionale dei delegati CGIL, a Bologna lo scorso settembre. Non si è coordinata l’iniziativa tra le diverse categorie, che hanno oramai impianti contrattuali diversi. Abbiamo infatti strutture, tempi di durata e meccanismi di adeguamento all’inflazione differenti. Ad esempio, anche oggi, noi abbiamo approvato un rinnovo contrattuale (Agidae) sulla base di un sistema 2+2 (biennio economico e quadriennio normativo), come abbiamo fatto sulla Formazione professionale. Però molti mantengono una base triennale, altri hanno rinnovato con modalità ponte o durate di fatto di 4 anni. Abbiamo così un recupero salariale diversificato, conseguente a meccanismi diversi. E abbiamo persino dinamiche di dumping non solo per i contratti cosiddetti pirata, ma anche su CCNL sottoscritti dalla CGIL: dobbiamo esserne consapevoli, perché lo abbiamo subito come FLC nell’ultimo contratto del Commercio, che è arrivato a comprendere i lavoratori e le lavoratrici dei servizi amministrativi delle università telematiche, proprio quando noi stavamo rivendicando un contratto nazionale delle università non statali come requisito minimo di accreditamento. Una dinamica non nuova in CGIL, vista la dinamica sui restauratori, inquadrati nell’edilizia e nell’ultimo rinnovo inseriti anche nell’artigianato metalmeccanico.

Lo sottolineo perché credo che nei settori pubblici siamo in estremo ritardo. Il mancato coordinamento confederale non sta solo accompagnando una disarticolazione tra i contratti privati, ma sta scavando un nuovo e ancor più profondo solco tra lavoro pubblico e lavoro privato in questo paese. Gianna [Fracassi, ndr] segnalava la necessità di riprendere l’iniziativa contrattuale una volta che la Nadef (il documento di aggiornamento delle politiche economiche, previsto a metà ottobre) confermasse gli assetti della Legge di bilancio 2024. Noi però abbiamo avuto già due atti del governo, la legge di bilancio e il DEF (il documento di programmazione economica dello scorso marzo). Le risorse messe a disposizione prevedono un aumento del 5.78% dal primo gennaio 2024. In questi mesi abbiamo avuto anche due atti di indirizzo (i documenti ministeriali che tracciano le indicazioni con cui l’ARAN deve condurre le trattative per conto della parte datoriale pubblica): quello generale relativo all’insieme del pubblico impiego e poi, recentemente, quello relativo alle Funzioni centrali (il comparto dei Ministeri e degli enti nazionali, che solitamente apre le trattative). Questi atti non solo hanno confermato le risorse a disposizione, ma hanno previsto che siano distribuite almeno in parte sul salario accessorio e di secondo livello, con nuovi meccanismi premiali e selettivi, riattivando pienamente lo spirito della revisione Brunettiana della contrattazione pubblica. Infine, in questa stagione rischiamo di ripetere la dinamica del CCNL 2019/21, con risorse aggiuntive solo per alcuni settori, con divergenze tra i contratti pubblici e persino all’interno degli stessi CCNL (come abbiamo visto nell’Istruzione e ricerca, con risorse molto diverse tra scuola, università e ricerca). La legge di bilancio 2024 prevede infatti altre risorse per la sanità, permettendo teoricamente di arrivare su questo settore ad aumenti percentuali a due cifre.

Siamo in ritardo, non abbiamo costruito una mobilitazione e non abbiamo nemmeno una chiara rivendicazione salariale. Non abbiamo, cioè, definito con lavoratori e lavoratrici le piattaforme contrattuali, non abbiamo esplicitato pubblicamente le nostre richieste salariali, non abbiamo avviato una campagna di assemblee, iniziative pubbliche e scioperi per conquistare un contratto che il governo vuole rinnovare con pochissime risorse e dividendo ulteriormente il lavoro. Sino ad oggi, non abbiamo neppure provato a coordinare le richieste tra noi FLC, Funzione Pubblica e CGIL. Questo ritardo già pesa sulla dinamica contrattuale, nel rapporto di massa con lavoratori e lavoratrici, nella percezione dell’urgenza e della priorità della questione salariale, restringendo il nostro spazio di azione e di rivendicazione: perché per discostarsi significativamente dalle risorse a disposizione, da quel 5.78%, sarà necessario cambiare in modo incisivo saldi e manovra di bilancio.

Allora Io credo che noi oggi dovremmo decidere di approvare la piattaforma FLC entro l’estate, dando un mandato specifico alle strutture di settore e all’Assemblea generale di riunirsi entro luglio, anche con riunioni seminariali, arrivando alla riapertura di scuole, atenei, istituti ed enti a settembre con una proposta di piattaforma con cui avviare assemblee e mobilitazioni. Noi in questo passaggio, dobbiamo esplicitare una richiesta salariale almeno del 15%, nell’ordine dei 400 euro lordi mensili, quanto cioè hanno ricevuto in questi anni i metalmeccanici e quanto è, in linea di massima, l’IPCA non depurata del triennio 2022/24. Dobbiamo farlo entro settembre, perché le risorse necessarie complessive per un rinnovo di questo tipo sono dell’ordine di 20/25 miliardi di euro, tenendo conto che con aumenti così significativi non bisogna solo coprire gli aumenti degli impiegati diretti dello Stato, ma anche quelli delle amministrazioni autonome (Regioni, Comuni, università, ecc), che non hanno margini di bilancio. Dobbiamo, cioè, aver chiaro ed esplicitare all’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici che per difendere i salari pubblici è necessario far saltare gli attuali saldi di bilancio e rivendicare un complessivo cambio di politiche economiche. E, purtroppo, dobbiamo farlo noi, rinunciando per ora a costruire una piattaforma e forse anche un’iniziativa unitaria.

O noi costruiamo questa mobilitazione da subito, con chiarezza e radicalità, o noi assumiamo la base di ragionamento del governo. O mettiamo da subito ed esplicitamente in discussione le risorse disponibili, come CGIL e non solo come categoria, o inizieremo prima o poi la trattativa con le risorse a disposizione, a partire dalle Funzioni centrali. Una perdita del 10% del salario reale, mentre tutti gli altri settori conquistano aumenti significativi, porterebbe non solo a colpire oltre 3 milioni di lavoratori e lavoratrici (oltre il 15% della forza lavoro italiana), ma comporterebbe una revisione strutturale del mercato del lavoro tra pubblico e privato, con una squalifica in particolare dei settori dell’istruzione e della ricerca, che già oggi hanno i salari medi più bassi del pubblico. Questa ristrutturazione, infatti, accompagnerebbe se non sospingerebbe una squalificazione più generale del ruolo e della funzione dei nostri servizi pubblici universali del paese.

Allora su questo io credo che ci sia un’urgenza: su questo chiamo la FLC, l’Assemblea generale FLC, a riflettere e a serrare i tempi della propria riflessione e della propria iniziativa. In relazione alla piattaforma contrattuale e soprattutto all’avvio di una reale mobilitazione, di una campagna di scioperi a partire dall’inizio del prossimo settembre.

Luca Scacchi