Sui referendum. Cosa non ci convince

Dichiarazione di voto di Eliana Como alla Assemblea Generale della Cgil del 27 febbraio che ha lanciato la campagna referendaria. Qui il documento presentato dalla segreteria nazionale, sul quale, per le ragioni spiegate nella dichiarazione di voto, abbiamo espresso contrarietà.

DICHIARAZIONE DI VOTO

È fuori discussione che le decisioni che la Assemblea Generale della CGIL oggi prenderà impegnano tutte e tutti, sia sui referendum che sulle manifestazioni nazionali, anche chi come noi esprime perplessità e dissenso sul percorso complessivo. Oggi è il giorno in cui siamo chiamati a dire se siamo o no d’accordo con la proposta della segreteria nazionale. Noi non lo siamo e lo esprimiamo in modo trasparente e esplicito.

Non siamo in disaccordo con lo strumento referendario in sé, ragione per cui non sosterremo nemmeno il documento che viene presentato in alternativa a quello della segreteria.

Pensiamo che, al netto della indubitabile importanza dei temi trattati dai quesiti referendari proposti, la strategia dei referendum sia rischiosa e soprattutto non sia sufficiente rispetto al livello di mobilitazione e di radicalizzazione che sarebbe necessario e che abbiamo promesso a novembre/dicembre quando abbiamo scioperato.

Capiremmo una campagna referendaria sostenuta da una diffusa mobilitazione su un tema chiaro sul quale, con una visione di lungo periodo, si fa sul serio e soprattutto fino in fondo. Come invece viene proposta, rischia di essere una campagna dispersiva e concepita a freddo, che sostituisce una mobilitazione generale invece che sostenerla.

Il punto in ogni caso che meno condividiamo del documento proposto dalla segreteria è quello sulla sicurezza sul lavoro, perché alle nostre analisi e alle nostre sacrosante rivendicazioni finiamo, anche stavolta per non essere conseguenti con i fatti. Di fronte alla strage quotidiana sui posti di lavoro e a un governo che ci convoca poche ore prima di decidere norme in cui la vita di un lavoratore vale 20 punti (patente a punti), la nostra iniziativa non può limitarsi a quanto si scrive nel documento che stiamo per votare: “è giunto il momento di chiedersi cosa manchi perché si verifichino le condizioni per una mobilitazione generale”. È giunto il momento, invece, di essere finalmente conseguenti. Chi altro deve costruire le condizioni se non noi. Lanciamo una mobilitazione permanente sui temi della sicurezza sul lavoro. Due ore di sciopero di solo due categorie non bastano. Passiamo finalmente dalle parole ai fatti e seguiamo, come sui femminicidi, l’insegnamento di Elena, la sorella di Giulia Cecchettin: basta minuti di silenzio, facciamo rumore! Altrimenti, diciamo cose giuste, ma, nostro malgrado, finiamo per diventare parte del problema.

Per queste ragioni non voteremo il documento della segreteria nazionale, per una esplicita contrarietà. Come detto, non sosteniamo nemmeno il documento presentato in contrapposizione a questo, perché evidenzia una contrarietà ideologica allo strumento referendario in sé che non condividiamo.

Non potendo votare contro a entrambi perché non previsto dal regolamento, ci asterremo.

Eliana Como