L’AG CGIL del 18 ottobre: il nostro voto contrario

Mercoledì 18 ottobre si è riunita d’urgenza, on line e in presenza, l’Assemblea Generale della CGIL.
La discussione si è sostanzialmente focalizzata su due questioni. La guerra in corso a Gaza [con una relazione introduttiva da parte del Dipartimento internazionale, politiche pace e disarmo]; la proposta di legge di Bilancio del governo e il proseguo della mobilitazione. Il dibattito è stato compresso, per ragioni di tempo, in una ventina di interventi, diversi dei quali hanno toccato entrambe le questioni. Alcuni interventi sono saltati (tra cui anche di compagni/e della nostra area). Per le Radici del Sindacato ha comunque parlato Eliana Como [a breve un’intervista con i contenuti del suo intervento].
Al termine della discussione, che ha mostrato diverse valutazioni e propensioni non solo sul prossimo sciopero e la continuazione della mobilitazione, ma anche sulla complessiva impostazione dell’azione CGIL nella prossima fase e l’ipotesi di iniziativa referendaria (avanzata a luglio), la segreteria confederale ha proposto al voto due diversi ordini del giorno (un’altro, proposto dai componenti FLC in solidarietà alle mobilitazioni degli studenti, è stato assunto): uno sulla situazione israelo-palestinese (a cui si è contrapposto un odg alternativo del compagno Grondona e Cassinelli) e uno conclusivo sulla prossima fase di mobilitazione.
Abbiamo espresso una valutazione contraria agli orientamenti proposti su entrambe le questioni, con due dichiarazioni di voto di Luca Scacchi.

DICHIARAZIONE DI VOTO SUI DUE ORDINI DEL GIORNO SUL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE.
Care compagne e cari compagni,
esprimo una dichiarazione di voto contraria ad entrambi gli ordini di giorno proposti, tra loro in contrapposizione [il primo da parte della segreteria nazionale, il secondo da parte del compagno Grondona e altri]. Entrambi contengono indicazioni che sono per noi disequilibrate. Da punti di vista diversi, infatti, entrambe non colgono il ruolo che un’organizzazione di massa come la CGIL può e deve svolgere oggi, rispetto all’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici italiani/e e rispetto all’insieme del movimento sindacale internazionale.
L’ordine del giorno proposto dalla segreteria (diversamente dalla relazione introduttiva sul punto, che ricordava esplicitamente la condizione storica di oppressione del popolo palestinese e dei territori occupati) sottolinea giustamente la responsabilità di Hamas, il suo profilo reazionario e le sue tremende scelte terroriste, ma in modo assolutamente squilibrato non inserisce l’attacco del 7 ottobre nel contesto più generale della subordinazione della Cisgiordania e della striscia di Gaza (oggi un carcere a cielo aperto), non ricorda la politica terrorista di bombardamenti indiscriminati condotta dall’esercito israeliano, non si riferisce mai al diritto di autodeterminazione del popolo palestinese. In secondo luogo, l’ordine del giorno propone come unica prospettiva e soluzione del conflitto l’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, una nuova conferenza internazionale di pace per riconoscere lo Stato di Palestina come membro pieno dell’Assemblea delle Nazioni Unite, con confini certi, con piena sovranità e responsabilità, sulla base di quanto accordato tra le parti con gli Accordi di Oslo. In pratica, si propone di perseguire oggi la politica dei due popoli due Stati, nel quadro di un intervento internazionale multilaterale. Questa proposta, al di là di una sua complessiva valutazione storica e politica, non fa i conti con il nuovo scenario di competizione internazionale aperta dall’invasione dell’Ucraina: manca infatti ogni minima condizione, nel quadro dell’attuale contrapposizione tra blocchi, per un’azione degli organismi e del diritto internazionale. Inoltre, come notato da alcuni interventi nel dibattito, le soluzioni di Oslo fanno riferimento a confini di Israele di fatto superati da una politica di colonizzazione e spartizione dei territori, mentre la soluzione dei due Stati, nel quadro delle attuali gerarchie, non può che condurre a politiche neocoloniali tra una formazione sociale dominante e piccole realtà frammentate e dipendenti. Sarebbe invece utile aprire momenti di approfondimento sull’insieme delle proposte che hanno caratterizzato il movimento sindacale israeliano, palestinese e binazionale, che ancora oggi sono in campo, come le ipotesi di autodeterminazione di entrambi i popoli, la costruzione di stati bi e multinazionali in quel territorio come più complessivamente in quell’area del mondo.
L’ordine del giorno proposto dai compagni Cassinelli e Grondona, pur facendo un giusto riferimento all’importanza dei rapporti e dei conflitti tra classi sociali, come al necessario internazionalismo delle forze del movimento operaio, pone sullo stesso piano le forze reazionarie che governano Israele e quelle di Hamas, come nell’odg della segreteria, accumunandole nell’identico profilo borghese. Anche qui, di fatto cancellando la condizione di oppressione etnica e nazionale che attraversa oggi la società israeliana.
Riteniamo importante che la CGIL non solo si schieri, ma come ricordato nelle conclusioni del segretario generale si attivi per una mobilitazione diffusa e significativa contro la guerra, anche in queste settimane. Questa mobilitazione, però, deve prendere le distanze da ogni politica reazionaria, combattere le oppressioni di classe e nazionali sottese alla questione israelo-palestinese e ribadire il riconoscimento del diritto di autodeterminazione dei popoli (sancito dall’art 2 dello stesso Statuto CGIL).

DICHIARAZIONE DI VOTO SU ORDINE DEL GIORNO CONCLUSIVO
A nome dei compagni e delle compagne dell’area congressuale di Radici del Sindacato, esprimo un voto contrario all’ordine del giorno conclusivo della discussione di oggi, focalizzata sul proseguo della mobilitazione contro il governo. Le ragioni sono state fondamentalmente indicate dall’intervento di Eliana.
A luglio, alla scorsa Assemblea generale, ci eravamo astenuti sul documento conclusivo proprio perché non veniva esplicitato il percorso di mobilitazione e di sciopero per l’autunno, ma anzi si rimandava ad una consultazione di massa dai contenuti vaghi e che, in qualche modo, scaricava sugli stessi lavoratori e lavoratrici il compiti di indicare tempi e forme dell’iniziativa sindacale (risolvendo forse così alcune contraddizioni nostre, all’interno di questo gruppo dirigente, e rimando così a loro le responsabilità che dovrebbero esser proprie di un sindacato generale di massa). La proposta di oggi, l’ipotesi di scioperi articolati tra settori, categorie e territori, aveva un senso quest’estate, provando a sviluppare sin dall’inizio di autunno un percorso di contrapposizione al governo che sappiamo non potrà ridursi ad un unico momento di lotta. Allora abbiamo invece scelto di sfumare e rimandare l’indicazione di sciopero.
Oggi, dopo il significativo corteo del 7 ottobre e migliaia di assemblee, di fronte ad un governo che conferma la sua iniziativa antipopolare e contro il lavoro (come ricordato nello stesso documento della segreteria) del resto già tracciato da DEF e NADEF, dopo che la maggioranza sta provando ad accelerare ed inquadrare l’approvazione della Legge di bilancio, non siamo ancora in grado di indicare una data di sciopero. Dopo aver prodotto aspettative di massa, la rimandiamo ancora, lasciando definire e perimetrare tempi e forme degli scioperi al Consiglio Nazionale della UIL.
Nelle righe dell’ordine del giorno proposto dalla segreteria, emerge con evidenza la prospettiva di uno sciopero disarticolato per territori, con incroci confusi con iniziative nazionali di categoria, che disgrega proprio le ragioni complessive e nazionali dello sciopero generale, come la sua forza e capacità di esser punto di riferimento e orientamento e per lavoratori e lavoratrici. Aumentiamo così la difficoltà di uno sciopero già complesso da costruire. Comprendiamo la necessità e l’opportunità di allargare la mobilitazione.
Proprio per questo riteniamo necessario indicare da subito, da oggi, una data di sciopero generale confederale e nazionale, che per ragioni di calendario e opportunità non può oggi che cadere il 17 novembre. Avremo così anche l’occasione di riunire nelle piazze, su piattaforme diverse ma ragionamenti paralleli, le forze che si sono opposte al CNEL alle forzature del governo contro il salario minimo (CGIL; UIL, USB). Ritardare, diluire, disarticolare l’iniziativa non può che aumentare confusione e render meno chiara la determinazione della nostra organizzazione ad aprire una nuova stagione conflittuale, che è oggi indispensabile per cambiare indirizzo alle politiche del paese. Per questo, oggi, ci esprimiamo contro questo odg.