Il nuovo Regolamento trasforma l’Assemblea in un fatto privato. Proponiamo invece che ogni seduta, salvo casi eccezionali di opportunità politica, sia pubblica e in streaming, almeno nella Intranet Cgil.
Intervento di Eliana Como
Dico subito che trovo non condivisibili le modifiche che vengono proposte nel nuovo Regolamento. Non mi soffermo su tutti i punti, lo faranno altri. Resto al nodo politico di fondo che mi pare il più grave. E anche, perdonatemi, il più ridicolo.
Gran parte di queste modifiche, penso sia chiaro a tutti, sono indirizzate a vietare l’abitudine di diffondere le registrazioni video dei propri interventi, dando così applicazione al Regolamento sulla privacy approvato, con il nostro voto contrario, esattamente un anno fa. Regolamento che impediva la diffusione di registrazioni sonore e video, anche di interventi personali, in riunioni “non aperte al pubblico”. Ho già detto l’anno scorso quello che penso sul divieto di diffondere una registrazione personale, non di terze persone. Credo sia un divieto che viola la stessa normativa di legge sulla privacy.
Ma il punto è un altro.
Per dare seguito a quel divieto, siccome dopo un anno, come era evidente, non ha avuto effetto, per la semplice ma decisiva ragione che la AG è una riunione pubblica, cosa si fa? In questo nuovo Regolamento si decide di rendere definitivamente non pubblica la AG.
ART 5: l’eventuale decisione di sessioni pubbliche sarà comunicata dalla Presidenza.
Quindi, normalmente l’AG è a porte chiuse, eventuale altra decisione sarà comunicata. Il contrario di come è ora, dove certamente c’è il caso che alcune discussioni siano a porte chiuse (un bilancio controverso, un piano di risanamento, una discussione sul perché uno sciopero è stato un disastro, ammesso che la si faccia mai…), ma come eccezione, non come norma.
Tant’è che viene cancellato anche, all’ART 25, l’ultimo comma del precedente Regolamento: le sedute sono di norma aperte alla stampa, salvo decisione contraria della Presidenza in accordo con la Segreteria. Cancellato.
Quindi, mentre le grandi organizzazioni politiche democratiche (piacciano o meno) hanno deciso, quasi tutte direi, che i loro lavori sono in streaming (per esempio, salvo alcune specifiche discussioni più delicate, tutte le riunioni della Assemblea Nazionale del PD si possono seguire su youtube), noi decidiamo qui oggi, Anno Domini 2023, che le riunioni della AG nazionale della CGIL non sono pubbliche e sono chiuse alla stampa.
Ora, a me, vi dico la verità, farebbe persino un po’ ridere che per ottenere una cosa tanto sciocca come il divieto a diffondere il proprio intervento video in AG, si arrivi a una cosa così grave politicamente come quella di decidere che la AG è un fatto privato.
Per due ragioni, lo trovo ridicolo.
La prima è che è farsesco l’accanimento su questa cosa di pubblicare i video. È segno di una micidiale debolezza dell’organizzazione e dei suoi vertici essere infastiditi, tanto da arrivare a vietare, che una minoranza del 3% pubblichi quello che dice al Direttivo. Un maggioranza del 97% non si sente sufficientemente solida e convinta di se stessa da risparmiarsi questa preoccupazione?
Quale preoccupazione poi? Me lo sono chiesta, davvero: quale è la preoccupazione. Magari che qualcuno ascoltandoci pensi, anche se non è d’accordo su molte cose, in fondo non siamo pazzi, non siamo BULLI, come qualcuno vorrebbe farci passare. Chissà!
C’è un’altra ragione, poi, per cui considero ridicolo questo divieto. Quasi mi fa tenerezza chi lo ha pensato. È come cercare di svuotare il mare con un secchio. Ma davvero qualcuno pensa di poter vietare la comunicazione sui social, imbavagliarla, riportarla alle regole della burocrazia, manco fossimo il polit-buro degli anni 50! Ma davvero!
Guardate, stavolta non mi prendo nemmeno la briga come ho fatto altre volte, di promettervi la mia disobbedienza. Vietate di fare video degli interventi al direttivo e pubblicarli sui social? E va bene, che vi devo dire. Non lo faremo più. Ci inventeremo un’altra cosa, li scriveremo piuttosto, così passerete altri 4 anni a pensare a un nuovo divieto. Oppure esco da qua e faccio un video in cui dico cosa ho detto prima. Oppure lo disegno, come nei tribunali dei telefilm americani, avete presente?
Ma davvero pensate di vietare una cosa che non si può vietare? Cioè rendere pubblico quello che ognuno di noi dice qui dentro. Che è necessariamente pubblico! Nessuno di noi qui dentro parla per se stesso.
E mentre vi dico che stavolta non ho bisogno di disobbedire, altrettanto, sia chiaro, non mi pento di averlo fatto in questi anni. Il vincolo di trasparenza tra quello che diciamo qui e quello che diciamo fuori per me non solo è sacrosanto e legittimo, ma è giusto, necessario, è il presupposto stesso della nostra coerenza e quindi della nostra credibilità.
Nessuno di noi ha niente da nascondere qui dentro. Può capitare e si decide che si chiudono le porte, ma non nella nostra normale discussione, che dovrebbe essere casomai in streaming, accessibile a tutti. O perlomeno, se qualcuno teme che le nostre controparti possano trarre vantaggio dal fatto di ascoltarci (non so se davvero, seriamente, lo pensate!), ma, al limite, dovrebbe almeno essere pubblicata sulla intranet Cgil, non solo l’intervento di chi si prende la briga di pubblicarlo, ma tutti. Ogni compagno e compagna di questa organizzazione ha il diritto di sapere cosa si dice qui dentro, per la semplice ma decisiva ragione che non è un fatto privato.
Per questo è grave un Regolamento in cui, per la prima volta nella nostra storia, si decide che queste riunioni sono normalmente a porte chiuse e se sono pubbliche è una eccezione. Sarebbe stato sbagliato anche se fossimo negli anni 50. Oggi è proprio una follia.
A meno di non pensare che i piani sono davvero diversi. C’è un piano per la stampa, dove ribaltiamo il paese e occupiamo le fabbriche e un piano della discussione interna dove siamo altro.
In ogni caso, su questo Regolamento, così come è, noi non siamo d’accordo, ma non per il divieto di fare video in sé. Non mi interessa, ve l’ho detto e lo ribadisco. Anche perché, faccio sommessamente notare che, visto che gli audio saranno conservati in archivio per la durata del mandato (perchè poi solo per la durata del mandato e solo a disposizione dei compontenti della AG. La nostra memoria storica dura un mandato. Poi si cancella tutto? Tra 10 anni una ricercatrice viene a chiederci di cosa abbiamo discusso oggi e noi le spieghiamo che non è pubblica e che comunque dopo quattro anni cancelliamo, va beh, un’altra cosa davvero bizzarra). In ogni caso, se c’è un archivio audio, la legge dice, a prescindere da qualsiasi Regolamento, che io posso avere il mio audio (che è per l’appunto un dato sensibile) e che io sola posso decidere cosa diavolo farci, quindi come dove e quando renderlo pubblico, che vi piaccia o meno (artt. 15 e 20 del Regolamento europeo sul trattamento dei dati personali).
In ogni caso, non sono d’accordo sul punto politico, cioè che si trasformi l’assemblea generale in un luogo chiuso, non pubblico e interdetto ai giornalisti. E mentre il divieto in sé mi fa sorridere, il punto politico lo considero grave.
Quindi chiedo che venga cancellato l’ultimo comma che è stato aggiunto dell’ART. 5 (“L‘eventuale decisione di sessioni pubbliche sarà comunicata dalla Presidenza“) e venga ripristinato il comma 3 dell’ART. 25, del precedente Regolamento, esattamente come era prima (“Le sedute sono di norma aperte alla stampa, salvo decisione contraria della Presidenza in accordo con la Segreteria“).
E propongo che all’ART. 25 sia aggiunto il seguente comma:
“Salvo diversa decisione della Presidenza per ragioni di specifica opportunità politica, ogni seduta della Assemblea Generale è video registrata e resa disponibile in streaming sulla intranet della Cgil“. Quindi, non solo il verbale e gli atti, ma l’intera registrazione.
Pongo questi come emendamenti al voto. Altrimenti, sul testo così come viene proposto, voteremo contro.