Pubblichiamo questa campagna grafica contro le molestie sul lavoro realizzata con testi e disegni di Eliana Como per NonUnaDiMeno Bergamo e Pacì Paciana.

I messaggi di questa campagna sono essenzialmente due.
Il primo è dato attraverso le immagini. Colori squillanti e stile pop sono scelti con il preciso intento di uscire dalla rappresentazione stereotipata delle donne che subiscono violenza, con gli occhi pesti o le spalle al muro. Primo perché non sempre la violenza “si vede”. Secondo perché non vogliamo autorappresentarci come vittime.
Qui viene il secondo messaggio della campagna, dato attraverso i testi: non siamo vittime, non subiamo in silenzio, ma denunciamo. Perché il primissimo problema in tema di molestie sul lavoro e che tante di noi le subiscono (1 donna su 10), ma poche denunciano (80% NON denuncia per paura di ritorsioni e di non essere creduta). Se un uomo che ha molestato non viene denunciato, tenderà a rifarlo con altre.



Le immagini spiegano passo passo cosa fare in caso di molestia e quali strumenti normativi abbiamo per denunciare o per sostenere chi ha subito una molestia. Spesso diamo per scontato che non ci siano i mezzi per denunciare. Non è così, ci sono eccome. Certo, resta il ricatto, soprattutto se la lavoratrice è precaria. Ma le norme esistono, quindi, prima di tutto bisogna conoscerle. Poi usarle.
Partiamo, ancora prima dal riconoscere cosa è una molestia. Non è solo un comportamento ma anche una minaccia. Non è solo fisica ma anche psicologica. Non è detto che sia ricorrente, basta che sia accaduta una volte. Non è detto che sia intenzionale: se ti sei sentita molestata, non vale che “ma io scherzavo” “io non volevo” “io non intendevo” “hai capito male”. È una molestia sul lavoro quella può fare il tuo capo, ma anche un tuo collega e pure un cliente.


Poi bisogna riconoscere le responsabilità. Essenziale è sapere che il datore di lavoro è “responsabile”, perché l’articolo 2087 del codice civile stabilisce che è suo dovere garantire, non soltanto il benessere fisico dei suo dipendenti, ma anche quello psicologico. Quindi, il datore di lavoro è tenuto a riconoscere i rischi della sua attività e a prevenirli, non soltanto quando sono i tradizionali rischi fisici, biologici, chimici (il rumore, le vibrazioni, le sostanze tossiche, la ripetitività dei movimenti, la possibilità di cadere, i pesi maneggiati etc etc). Ma anche quando sono psicologici, come lo stress, il mobbing e appunto le molestie.
Per questo, come qualunque altro rischio sul lavoro, le molestie dovrebbero essere inserite nel DVR (documento di valutazione dei rischi) a seconda della possibilità più o meno alta del rischio di una determinata attività (molto alta, per esempio, se lavori in un luogo dove ci sono poche donne e tanti uomini, se hai clienti/utenti uomini, se maneggi denaro, se lavori da sola la sera…).
Raramente, però, le molestie sono inserite nel DVR. Così il datore di lavoro può dire di non essere responsabile. Se invece fossero regolarmente inserite, come prevede la normativa, in caso di molestia, il datore di lavoro avrebbe una parte di responsabilità nel non aver messo in atto quanto necessario per evitarla.
Detto in altri termini. Se subisci una molestia sul posto di lavoro, primo la colpa non è tua, secondo il colpevole è il molestatore, terzo, il datore è responsabile di non aver provato a evitarla.
La prospettiva cambia in modo decisivo. Ciò non significa che, se le molestie fossero sempre inserite nel DVR, non accadrebbero più. Purtroppo muoiono tre persone al giorno, in media, sul posto di lavoro perché non vengono rispettate le norme di sicurezza. Ma se non iniziamo a applicare le norme, a volte perché non le conosciamo, non possiamo aspettarci che cambino le cose.
Quindi, prima cosa che ogni sindacalista/RLS deve sapere è questa: è importante rivendicare di inserire il rischio molestia nei DVR, soprattutto nelle attività dove il rischio è maggiore.





Assolutamente da sapere, poi, è che la legge 205 del 2017 tutela la lavoratrice che denuncia una molestia, la quale dopo la denuncia non può essere licenziata, demansionata, sanzionata, trasferita etc etc. Questo non annulla il ricatto, soprattutto per chi ha contratti precari. Ma molte lavoratrici, anche con contratti stabili, non sanno nemmeno che esiste, quindi hanno paura a denunciare, anche se sarebbero tutelate.

Ancora. Nel 2021 l’Italia ha ratificato la Convenzione dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) contro le molestie. La Convenzione stabilisce che le molestie sul lavoro sono gravi violazioni dei diritti umani. Quindi se accade una molestia “lui non stava scherzando”, “non è normale”, non sei tu che “hai capito male” o “non stai al gioco”. No, secondo l’OIL, è una grave violazione dei diritti umani, quindi non deve avvenire. Se accade, bisogna denunciarla.


Ultima cosa. Spesso non si denuncia perché si ha paura di non essere credute. Poche violenze, invece, sono “pubbliche” come le molestie sul lavoro. Spesso tutti sapevano, tutti hanno visto, tutti hanno assistito. Ma se denunci, difficilmente qualcuno testimonia perché, a sua volta, ha paura di ritorsioni.
Questo circolo vizioso va spezzato. Se una nostra collega denuncia di aver subito una molestia, abbiamo anche noi due doveri (è importante che lo capiscano le donne, ma soprattutto gli uomini):
Primo dovere è crederle (primo perchè è difficile denunciare, se lo ha fatto è importante sostenerla; secondo perché il molestatore normalmente si difenderà dicendo che non è vero e mettendo in discussione la credibilità di lei).
Secondo e più importante dovere e testimoniare nel caso abbiamo assistito a qualcosa.




Quindi ricapitolando:
Le molestie sono gravi violazioni dei diritti umani. Possono essere accadute anche una sola volta e anche se non erano intenzionali.
Se subisci molestia, non è colpa tua ma del molestatore e il datore di lavoro è responsabile di non averlo evitato.
Se denunci, la legge ti tutela dalle ritorsioni.
Se assisti a una molestia, sostieni chi denuncia e testimonia. Altrimenti diventi complice.
E ricordati sempre che chi molesta, se non viene denunciato, lo farà ancora. Con te. Con altre.


Questa campagna è a disposizione per fare informazione e formazione, con la sola richiesta di citare chi l’ha realizzata. Se vi occorrono i file a maggiore risoluzione per stamparli e esporli, scrivete a noi (leradicidelsindacato@cgil.it) o a NonUnaDiMeno Bergamo (nonunadimenobergamo@gmail.com).